Mappatura con i data logger: sensori monouso, calibrazione e incertezza di misura
Quando si eseguono studi di mappatura della temperatura in ambienti GxP, la precisione del sensore è un fattore critico che può influire significativamente sull'affidabilità dei risultati e, in definitiva, sulla conformità normativa. Che si tratti di qualificare una cella frigorifera, convalidare una camera di stabilità o mappare incubatori, la scelta dei sensori giusti rappresenta molto più della scelta di qualcosa di comodo o di poco costoso.
Esploriamo le considerazioni chiave per la selezione dei sensori per gli studi di mappatura GxP, inclusi i pro e i contro dell'utilizzo di data logger di temperatura monouso e i motivi per cui la calibrazione è davvero importante.
Sensori monouso: praticità nel risparmio sui costi o compromesso sulla conformità?
I data logger monouso per la temperatura possono essere interessanti per il loro basso costo e la loro praticità, soprattutto per progetti di mappatura una tantum. Tuttavia, presentano notevoli limitazioni:
• Vincoli di memoria: molti data logger monouso hanno una capacità di memoria ridotta, rendendo la gestione e la revisione dei dati più complesse.
• Problemi di precisione: la maggior parte dei data logger monouso offre una precisione di circa ±0,5 °C. Sebbene ciò possa soddisfare i requisiti dell'OMS, spesso tale precisione non è sufficiente per gli ambienti farmaceutici con specifiche più rigorose, come frigoriferi o incubatori.
• Lacune di calibrazione: questi dispositivi in genere sono dotati di un "certificato di validazione", non di un certificato di calibrazione. Ciò potrebbe non soddisfare i requisiti GMP o le aspettative del revisore.
Perché questo è importante? Secondo le procedure GMP, non è sufficiente sapere che un dispositivo probabilmente funziona: è necessario avere prove documentate che soddisfino i requisiti in termini di prestazioni, tra cui la tracciabilità della calibrazione.
Validazione ≠ calibrazione
Uno degli errori più comuni è quello di considerare un certificato di validazione come una calibrazione. La verità consiste nel fatto che
i certificati di validazione si basano sul campionamento statistico, non sulla calibrazione individuale.
Un piccolo sottoinsieme di sensori di un lotto di produzione viene calibrato e, se superano la calibrazione, l'intero lotto viene "validato" per estensione.
Sebbene questo approccio offra una certa garanzia, non equivale alla calibrazione di ogni singolo sensore. Alcuni revisori potrebbero contestare questa affermazione, e giustamente: introduce un livello di rischio che gli ambienti regolamentati potrebbero non tollerare.
Soluzioni alternative: pre- e post-calibrazione
Se si preferisce comunque utilizzare i materiali monouso, si può ridurre il rischio creando una procedura di pre e post-calibrazione. Ciò consente di:
• Definire la precisione del sensore prima e dopo lo studio di mappatura.
• Documentare che il dispositivo soddisfi i criteri di accettazione definiti.
Questa soluzione alternativa, tuttavia, ha un limite: è necessario sviluppare e convalidare autonomamente il processo di calibrazione. È fattibile, ma richiede tempo, risorse e competenze tecniche. E non dimenticare: calibrare un sensore monouso comporta un costo aggiuntivo. Una volta terminato, il prezzo potrebbe avvicinarsi a quello di un sensore riutilizzabile ad alta precisione.
Quanto dovrebbero essere precisi i sensori di mappatura?
La risposta dipende dall'applicazione:
• Per i magazzini (15–25 °C), potrebbe essere accettabile un sensore da ±0,5 °C.
• Per i frigoriferi (ad esempio, 5±3 °C) o le incubatrici (37±2 °C), lo stesso sensore potrebbe non essere sufficiente.
Quando si lavora con intervalli di temperatura più ristretti, un sensore più preciso (idealmente con un intervallo di ±0,25 °C o superiore) garantisce maggiore sicurezza e conformità. Permette inoltre di prendere decisioni più chiare in merito al superamento/fallimento dell'esame, senza dover fare affidamento su discutibili aggiustamenti dei margini.
Il mito del rapporto di precisione 10:1
Potrebbe essere noto il rapporto di precisione del test, ovvero la vecchia regola 10:1 che suggerisce che lo strumento di riferimento deve essere 10 volte più preciso del dispositivo sottoposto al test. Sebbene questa tecnologia abbia avuto origine negli standard militari, risulta sempre più obsoleta nel mondo odierno dei sensori commerciali di precisione.
Un approccio più moderno è il Test Uncertainty Ratio (TUR), che in genere punta a 4:1. Anche in questo caso, raggiungere tale rapporto può essere difficile, soprattutto per le calibrazioni di umidità relativa, quindi l'attenzione si è spostata sull'applicazione di regole decisionali che gestiscano invece le false accettazioni e i falsi rifiuti.
In conclusione? Quando si mappa un sistema come un incubatore da 37±2 °C, l'uso di un sensore con precisione di ±0,5 °C non significa che sia necessario restringere i limiti di accettazione per compensare. Ciò significa che potresti utilizzare lo strumento sbagliato per il lavoro da svolgere.
Il buon senso e la corretta calibrazione contribuiscono notevolmente al successo dello studio.
Negli studi di mappatura, il sensore scelto ha un impatto non solo sulla qualità dei dati, ma anche sulla capacità di difendere tali dati durante le verifiche. Sebbene i datalogger monouso possano essere comodi, spesso comportano rischi che superano i risparmi.
Scegliere sensori con le caratteristiche seguenti:
• precisione che corrisponda o superi le esigenze dell'applicazione in uso.
• calibrazione corretta e documentata, riconducibile a standard nazionali o internazionali.
• un metodo di calibrazione o verifica supportato, se intendi qualificare autonomamente il dispositivo.
Se l'applicazione di mappatura prevede specifiche rigorose, opta per precisione e affidabilità. Non è solo una questione di buona scienza: è anche una questione di buona osservanza delle regole.
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